Come si dice in italiano? «Offerta speciale» oppure «azione»? O non esiste un’autorità linguistica che possa decretare la correttezza?
Sulle differenze tra la varietà ticinese e quella grigionese non ci sono ancora, purtroppo, sufficienti studi approfonditi. Sono note alcune differenze puntuali, come l’esempio molto citato di podestà per ‘sindaco’, ma non si tratta di rassegne sistematiche. È possibile però avanzare delle ipotesi tanto sull’influsso del tedesco, verosimilmente maggiore nel Grigionitaliano, in particolare in tutto il linguaggio politico-amministrativo cantonale (spesso tradotto), quanto su quello dei dialetti, che nell’area grigionese rimangono più vitali rispetto a buona parte del territorio ticinese.
Chi stabilisce se una parola utilizzata solo nella Svizzera italiana è accettabile come variante regionale dell’italiano o è da considerare un errore?
Vorrei premettere che – tranne in casi di apprendimento tardivo o in un ipotetico ambiente estremamente formale – siamo tutti locutori di una varietà regionale di italiano (e, almeno nella pronuncia, siamo tutti riconoscibili come ‘parlanti regionali’). Nessuno acquisisce spontaneamente il cosiddetto “italiano standard” come lingua madre.
Venendo alla domanda, non esiste un’autorità linguistica che possa decretare la correttezza o meno di una forma linguistica dell’italiano. Per determinare se un termine è accettabile o meno possiamo adottare due prospettive molto diverse: la prima è legata alla codifica della “norma linguistica” e si basa sostanzialmente sulle grammatiche, sui dizionari e sull’uso linguistico di “locutori illustri”, in particolare gli autori letterari. Secondo questo punto di vista, tutto ciò che non è codificato in questo canone è da considerarsi errato. La prospettiva del linguista è però profondamente diversa, e osserva e prende atto degli usi linguistici esistenti, riconducendoli al contesto in cui si manifestano, ai locutori coinvolti ecc. Su quali basi possiamo considerare estraneo alla norma un fenomeno linguistico diffuso all’interno di una comunità di parlanti? Possiamo senz’altro descriverne le limitazioni d’uso (geografiche, di contesto, ecc.) o determinarne la maggiore o minore adesione alla ‘norma’ come descritta sopra, ma un uso attestato e condiviso, per sua stessa natura, fa parte della lingua. Ciò che è certamente auspicabile è invece una riflessione su questi aspetti, anche in ambito scolastico, che porti tutti i parlanti a un grado maggiore di consapevolezza linguistica.
Esiste un vocabolario dell’italiano della Svizzera italiana o un’opera di riferimento analoga alla quale rivolgersi se si hanno dei dubbi linguistici in merito a termini regionali?
Come dicevamo, si tende a vedere nell’ISIt una varietà statale più che regionale, come siamo abituati a fare con il francese del Québec o del Belgio o con l’inglese degli Stati Uniti o dell’Australia. Il riconoscimento in questo senso dell’ISIt è reso più difficile dal numero esiguo di parlanti e dalla scarsità di “autorità linguistiche”, letterarie o scientifiche. Un’opera lessicografica come un vocabolario contribuirebbe infatti alla legittimazione di uno standard linguistico parzialmente indipendente da quello d’Italia, agendo anche sul prestigio percepito sia all’esterno della comunità dei parlanti che al suo interno (un piccolo passo in questa direzione è stato fatto nell’edizione del 2007 del dizionario Zanichelli, che da allora accoglie una trentina di termini classificati come “elvetismi”; tutte le altre opere di riferimento, come gli studi di Alessio Petralli o di Elena Maria Pandolfi, sono di natura scientifica e rivolti quasi esclusivamente agli specialisti). Proprio in quest’ottica l’Osservatorio linguistico della Svizzera italiana sta per avviare un progetto che prevede appunto la pubblicazione di un vocabolario commentato dei termini che differenziano l’ISIt dall’italiano standard d’Italia. Nella compilazione di questo importante lavoro lessicografico ci serviremo dei dati che stiamo raccogliendo grazie al progetto lìdatè – l’italiano dal territorio (www.lidate.ch), che indaga, grazie alla collaborazione dei parlanti, i confini della diffusione delle diverse forme dell’italiano in uso.
Durante i suoi soggiorni a Roma non le è mai capitato di ordinare al bar un caffè col «cremino»?
Avrei potuto, e mi avrebbero portato un gelato o un cioccolatino! In realtà noi svizzeri, esposti da sempre alla letteratura e alla televisione italiane e abituati a viaggiare e soggiornare in Italia, sviluppiamo una buona consapevolezza della variazione linguistica, e impariamo in modo abbastanza naturale ad adattarci all’interlocutore. Ma è vero che resta una parte di “regionalità”, nella lingua di ciascuno, assolutamente inconsapevole (questo vale in particolare per l’ISIt, come abbiamo detto sopra): è piuttosto irrealistico pensare di poter controllare completamente il nostro uso linguistico e di doverlo epurare da ogni connotazione geografica, soprattutto nel parlato spontaneo. D’altronde non pretendiamo di farlo a livello di intonazione o di accento; perché dovremmo comportarci diversamente per quanto riguarda gli altri livelli linguistici? Insomma, è assolutamente fisiologico che la lingua di ogni locutore rifletta in parte anche la sua provenienza geografica, senza dimenticare, tuttavia, che parlando abbiamo come necessità imprescindibile la reciproca comprensione. Il caffè con il cremino, quindi, avrei potuto ordinarlo per disattenzione, certamente, ma per il resto avrei avuto tutto l’interesse a non chiederlo, se avessi voluto un caffè con il latte!
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Laura Baranzini ha studiato linguistica generale e linguistica italiana all'università di Ginevra, dove ha conseguito il dottorato in linguistica italiana nel 2010. Come ricercatrice post-doc ha sviluppato o collaborato a progetti presso le università di Roma Tre, Basilea, Neuchâtel e Torino. Attualmente associa alla sua attività di ricerca all'Osservatorio linguistico della Svizzera italiana un incarico di docenza all'Istituto di studi italiani dell'Università della Svizzera Italiana. Le sue ricerche si concentrano sulla sociolinguistica dell'italiano in Svizzera, sulla semantica e la pragmatica, sul contatto tra modalità ed evidenzialità e su alcuni fenomeni di interfaccia tra morfosintassi e testualità, in italiano e in prospettiva contrastiva. Si interessa inoltre di argomentazione e di comunicazione implicita e manipolatoria, collaborando all’Osservatorio Permanente sulla Pubblicità e la Propaganda.